lunedì 13 luglio 2009

Il Disk Jockey, una storia lunga più di 100 anni.

Come ha inizio la storia del DJ?
Questa figura che allieta le nostre serate in discoteca, quando ha fatto la sua comparsa per la prima volta?
Secondo alcuni la nascita del DJ coincide con i primi esperimenti radiofonici, quando i pionieri delle trasmissioni via radio collegavano dei grammofoni a dei trasmettitori.
Ma in realtà l'inizio della figura del Dj risale all'apertura delle prime Discoteque in Francia Durante il dominio nazista. In questi luoghi venivano passati dischi di Jazz e Blues provenienti da oltreoceano. Occoreva una persona che selezionasse i dischi da passare e questa persona era il dj. C'è da dire però che il termine Dj venne coniato in America negli anni sessanta.All'inizio il compito del dj era semplicemente quello di mettere uno dopo l'altro i dischi (acquistati dal locale) ed effettuare avvisi con il microfono. Il dj di allora percepiva una retribuzione pari o inferiore a quella di un barista.Negli anni '70 arrivò la Saturday Night Fever, e la discomusic. Insieme alla discoteca, il DJ acquisì sempre più prestigio, diventando l'artefice della buona riuscita di un evento e della buona fama di un locale. Successivamente arrivarono i tempi del Loft e la discoteca divenne luogo di amore per la musica dove la gente entrava per lasciarsi trasportare dalle atmosfere create dal DJ. In Italia nel 1975 Miki del Ciak di Bologna fu il primo a far conoscere al pubblico il genere musicale americano con la sua grande capacità tecnica nel mixaggio paragonabile solo ai migliori DJ d'oltreoceano. Infatti, furono gli americani gli inventori del movimento House che dette il "la" a tutto un immenso filone di musica elettronica, prodotta dal DJ stesso. Da quel momento il dj assunse il ruolo di sperimentatore sonoro nonché di funambolo del mixaggio con l'introduzione del mix "in battuta", tecnica che consiste nel far combaciare perfettamente le battute di tempo di due dischi in sincronia. A metà degli anni '80 arrivò Carl Cox che fu uno dei pochi ad usare in una serata ben tre piatti, di cui due per mixare e uno per creare effetti, o inserire nella selezione delle versioni "a cappella" di canzoni per creare dei veri e propri remix dal vivo. Infine, negli anni novanta i DJ, ormai popolari, divennero gli idoli dei clubbers i quali presero a muoversi da una città all'altra o da un paese all'altro per seguire i loro DJ preferiti.

2 commenti:

  1. Eh già...Grande Silvio!!!Carl Cox...beh...suonare con tre piatti allora era una grandissima novità!!!C'era bisogno di un grande orecchio e di una manualità fuori dal comune per mettere in battuta tre piatti insieme!!!dov'erano prima le extended version, i bpm counter, i pitch e compagnia bella!?!' tutto in analogico, tutto al naturale!!!questi sono i maestri!!!rabbrividisco ancora quando vedo Tiesto suonare con 6 Pioneer CDJ 1000!!!è vero, sono altri tempi, ma l'evoluzione rende ancora più spettacolari e straordinarie alcune performances!!!

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  2. Passano gli anni, si torna al passato e si guarda ai dj del futuro, ma Tijs Verwest è sempre il solito, inarrivabile, Tiësto...

    http://www.youtube.com/watch?v=EE7CXZ1Lyu4

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